Una storia vera (di razzismo)
Il link e' a un articolo-racconto apparso su Repubblica, l'ho letto oggi.
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1 Commenti:
Questa storia, vera come mille altre storie di razzismo, mi fa provare rabbia in primo luogo, poi una grande, grandissima indignazione.
Immagino i genitori di questa bambina, li immagino persone di mentalita' aperta, capaci di dialogare, serie, calme e riflessive.
E' una storia molto triste, specie nei tratti in cui si legge di un bambino che associa immediatamente alla bambina "nera" il "ruolo sociale" di puttana, "ispirato" dal padre. E mi domando come sara' mai un padre che parla ad un bambino e lo accompagna nel mondo inculcandogli certe idee. E ancor di piu' lo immagino meschino e violento, e con una giusta dose di cattiveria posso immaginare che forse e' uno dei "clienti", di certi luoghi, di certe zone malfamate, di certi marciapiedi.
Si, tanta, tantissima rabbia.
Non do' la colpa ai bambini, i bambini non possono avere colpe, sono troppo piccoli, troppo indifesi.
E' compito di chi li educa guidarli nel modo giusto, la responsabilita' principale e' affidata nelle mani dei genitori.
Non sopporto quei discorsi dove sento dire "eh, la societa'... i mass media... la scuola...".
Ma cosa, cosa.
Mettere al mondo un figlio e' una responsabilita' grande, grandissima. E chi non fa in primo luogo una giusta critica al proprio operato non e' un buon genitore.
Nel racconto, ad esempio, si legge di un padre che dice alla madre della piccola Laura "ci doveva pensare prima di prenderla in affido, cazzi suoi".
Forse che suo figlio non puo' essere incappato in un errore? Che genitore e' colui il quale non riconosce un comportamento errato del proprio figlio e non pone rimedio?
Provo una grande pena per coloro che ritengono di essere in possesso di tutte le risposte, e che pongono nell'arroganza e nella pretesa il loro modo di approcciarsi alla realta'.
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